martedì 22 dicembre 2015

Heroes Reborn - ma chi ve l'ha chiesto?



Sembra strano a distanza di tanti anni, quasi dieci, ma all'epoca Heroes era realmente qualcosa di innovativo. All'epoca il mondo dei supereroi non aveva ancora invaso il piccolo e il grande schermo.
Al cinema, dopo i discutibili Spiderman, Fantastici quattro e X-Men, prime teste di ponte del mondo Marvel, era arrivato Batman Begins ad insegnare che anche i film sui supereroi possono essere fatti bene. In tv, invece, regnava incontrastato Smallville, serial Cw paragonabile a una gara di rutti. In mezzo al nulla più assoluto arrivò questo telefilm originale che fu come una boccata di ossigeno per una generazione che ancora rimpiangeva il telefilm di... 

...Flash del 90!
P.S. quello è proprio Mark Hamill nei panni del Trikster


Heroes non era perfetto. Come regia e fotografia niente da dire, ma la trama si perdeva spesso in sentimentalismi inutili ed era molto telecomandata. La sua impostazione, inoltre, ricordava molto quella di Lost. C'era quella ricerca al mistero, all'incasinare le cose con dedali di intrecci che facevano sembrare la storia più grande di quella che fosse. Lo stile, per carità, non era dissimile da quello che si legge ancora oggi nei comics americani e, bisogna ammetterlo, prendeva. Per non parlare poi delle citazioni, gli easter egg, i fumetti sul web che andavano a completare l'opera. In poche parole si trattava di un prodotto completo, adatto ad un pubblico nerd e, anche se delle volte era un po' pallocoloso, pesante e telecomandato, aveva comunque i suoi punti di forza.  Purtroppo, come ho già spiegato, Tim Kring ebbe quell'incidente con il Wormhole e le cose degenerarono. Alla fine della quarta stagione, una trama sempre più indecente portò al suicidio di Hayden Pannettiere, spacciato poi per un finale di stagione.
Nonostante la fine ignobile, quel telefilm diede il via a una sorta di rinascimento di serie televisive basate sui fumetti. Piano piano, grazie alla nascita del Marvel Cinematic Universe e alla trilogia di Nolan, la televisione si è riempita di serie sui supereroi. Non c'è canale che non ne abbia una, quasi tutte inguardabili, alcune carine, pochissime assolutamente da guardare ma tante. E in mezzo a tutto questo cosa ti fa la NBC? Contatta Tim Kring e si ripresenta con...

....sto robo,


Non la volevo vedere sta serie ma tanta è la curiosità che alla fine sono alla decima puntata e c'ero quasi cascato. Perché si parte con quel ehhheieihehehehhehh, si vede l'uomo dagli occhiali di corno e sale subito l'effetto rimpatriata. Per qualche decina di minuti mi ritrovo in un mondo famigliare fatto di una regia bel collaudata, delle scritte in Comic Sans, di un mistico di musiche misteriose ed eroiche. Ben presto, però, tutto comincia a scollarsi e ti rendi conto che al di là di qualche personaggio degno di nota rimane solo la supercazzola iniziale di Mohinder.

La prima cosa che crolla davanti ai miei occhi è l'intreccio, che sorretto solo dall'interazione dei personaggi, vecchi e nuovi, non supera la seconda puntata. Dopodiché è il turno dei vari protagonisti a cui si era cercato di dare spessore  seguendo un ben collaudato schema: dramma, sorpresa e voglia di riscatto. Un sistema che potrebbe anche funzionare se i personaggi non fossero cinquanta e se si avesse il tempo di svilupparli al meglio. Nel cercare di farlo si perde però l'ultima speranza di avere una trama seria e ci si butta nel solito eventone imminente. Una serie, quindi, che è già telefonata alla prima battuta, che sai già dove va a parare e che non ti lascia niente. Che non so nemmeno perché la sto guardando. 
Sembra il prodotto di un altra epoca. In un periodo in cui pure i prodotti Cw cercano di darsi (senza riuscirci) un tono e una serietà, in cui si cerca di far assomigliare i fumetti alla realtà, Kring fa l'esatto opposto. Il che non vuol dire necessariamente che sia una cosa negativa, se fosse fatto al meglio. Il problema è che non è così. Alla fine possiamo dire che  non è brutto, perché si apprezzano gli sforzi per far funzionare le cose ma il tutto ha quel retrogusto di una minestra riscaldata che nessuno aveva chiesto. 

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