Se proprio da qualche parte vogliamo cominciare, possiamo farlo dai fumetti.
Ricordo ancora quel lontano giorno che presi in mano il mio primo fumetto americo, un Uomo Ragno della nuova serie.. una delle tante nuove serie di quel povero pisquano. La storia aveva lo spessore della carta velina, c'erano pure Blade e Morbius il vampiro vivente, ma i disegni era di un magistrale John Romita Jr., e da quel momento in poi non saltai un numero.
Mi appassionai non poco a quelle storie che, mi duole dire, all'epoca trovavo così originali. Cominciai a leggere di tutto, dagli X-Men a Generazione X (brrr), da Wolverine a Devil, dai Vendicatori (Thor) ai Fantastici Quattro.... quest'ultimi dopo poco li abbandonai.
Quanti personaggi, quante storie.. tutte nuove.. tutte belle. O almeno così credevo.
Non sapevo nulla, ovviamente, delle mille peripezie editoriali della Marvel, dei suoi tanti personaggi un tanto ar chilo, dei cambi di costumi, delle morti e delle rinascite e, cosa per me importantissima, di un'assoluta disorganizzazione della sua continuity.
Gli anni passavano, gli eventoni arrivavano e sembravano cambiare tutto senza cambiare mai nulla. In un'eterna bolla di sapone personaggi di 70 e 80 anni, che ormai avevano fatto il loro tempo, si coloravano di colori sgargianti e si tiravano la pelle per sembrare giovani. Combattevano battaglie sempre uguali. Dicendo sempre le stesse frasi che ogni volta perdevano un po' del loro significato.
Per non parlare della morte.. e infatti non ne parleremo.
Ora, dopo ben quindici anni, con un'intera libreria piena di fumetti, non sono tante le storie che ricordo con nostalgia:
OLD MAN LOGAN
Ok, come prima scelta è un po' atipica. Ci sarebbero tante altre storie da raccontare, magari legate alla continuity dell'universo Marvel o di quello Ultimate, ma questa avventura di Wolverine scritta dallo scozzese Mark Millar (Kickass, Superior, Nemesis, Ultimes, ecc.) e disegnata da un ottimo Steve Mcniven (Nemesis, Civil War, ecc.) mi è rimasta nel cuore.
Viene proposta un'ambientazione di tipo post-apocalittica dove, come in molte altre opere dell'autore scozzese, i cattivi la fanno da padrone e i buoni sono scomparsi, uccisi tanti anni prima. Qui un Logan disilluso e "pacifista" fa il porcaro, ha messo su famiglia e ha pure due figli. La cosa potrebbe anche andargli bene, ma per sua sfortuna la fattoria è nella zona degli Hulk, agricoltori verdi figli di Bruce Banner e di sua cugina (non c'è cosa più divina).
Non avendo i soldi per pagargli il pizzo, viene pestato a sangue ed è costretto a partire on the road con un accecato occhi di falco figlio dei fiori alla guida della ragno mobile.
Questo coast to coast nell'America devastata dai supercriminali sarà sopratutto un viaggio nell'animo spezzato di Logan che da cinquanta anni non tira fuori gli artigli e accetta di farsi sovverchiare da chiunque. Si tratterà, però, anche di un viaggio nel vero senso della parola.
Una sorta di survivor insomma, dove due vecchi, uno cieco e l'altro non violento, dovranno vedersela con un mondo impazzito, pieno di pazzi, di dinosauri e in cui non sono altro che due relitti di un'epoca passata. Il tutto in un crescendo di azioni che portano ad un finale in cui è lo stesso lettore a gridare a Wolverine di svegliarsi e di amazzare tutti quegli stronzi.
In ultima analisi si tratta di un opera di Millar. Particolare, violenta e che da un ritratto di quello che un evento Marvel (Civil War, Secret Ivasion, Dark Reign e via dicendo) potrebbe provocare e mai provoca. Il tutto disegnato in maniera splendida da Mcniven, che dà il suo meglio nei paesaggi e risulta molto realistico nei combattimenti.
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